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Patate fritte: sono cancerogene ?

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La formazione di acrilamide (o acrilammide) negli alimenti è innescata dalla cottura ad elevate temperature e prevede la simultanea presenza di due “attori” naturalmente presenti negli alimenti: un aminoacido quale l’asparagina e zuccheri. Dunque, la presenza di acrilamide negli alimenti non è rintracciabile dalla lista degli ingredienti in quanto questa sostanza si forma nei cibi amidacei solo con determinati metodi di cottura. L’assunzione di acrilammide può aumentare il rischio di sviluppare tumori nei consumatori di tutte le fasce di età. Ovviamente, tale rischio è proporzionale alle quantità assunte e, dunque, va affrontato adottando una dieta consapevole.

Una volta ingerita, l’acrilammide è assorbita dal tratto gastrointestinale, distribuita a tutti gli organi e me­tabolizzata. Il segno più evidente dalla formazione di acrilamide è il colore che i cibi acquistano con la cottura e lo sprigionarsi di particolari odori e sapori che rendono le vivande più appetibili.

Acrillammide: quali metodi di cottura la favoriscono?

Dal momento che la temperatura è la variabile che innesca e quindi influisce in modo sostanziale sulla formazione di acrilammide, particolare attenzione deve essere data ai metodi di cottura. La principale imputata è la frittura, ma altrettanto pericolosi possono essere la cottura alla brace, alla griglia, la cottura al forno e le lavorazioni industriali a più di 120° condotte in ambienti a scarsa umidità. Di qui il riferimento del titolo alle patate fritte.

Acrilamide: gli alimenti a rischio

È possibile suddividere gli alimenti maggiormente a rischio in relazione alla fascia di età del consumatore.

Neonati: gli alimenti trasformati per bambini a base di cereali (soprattutto fette biscottate e biscotti) e tutti i prodotti a base di patate possono contribuire fino al 60% dell’esposizione.

Bambini: dai piccoli agli adolescenti. Il 51% dell’esposizione alimentare negli adolescenti è data dai prodotti a base di patatine fritte e snack. Non sono inoltre da dimenticare: cereali da colazione, pane morbido, biscotti, fette biscottate, dolci e alimenti di pasticceria.

Adulti: il 34% dell’esposizione media negli adulti è data dal consumo di caffè; un’elevata percentuale di acrilamide (49%) è fornita anche dal consumo di alimenti fritti a base di patate quali crocchette di patate o patate fritte e altre fonti alimentari come pane croccante, cracker e biscotti largamente consumati da soggetti adulti.

Patate Fritte o al Forno?

È impossibile eliminare l’acrilammide dagli alimenti ma si può puntare ad un’alimentazione meno ricca di zuccheri prediligendo, per quanto possibile, metodi di cottura che non prevedano l’utilizzo di alte temperature quali la cottura al forno (regolando la temperatura al di sotto dei 100°C) o la cottura al vapore.

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Mariailaria Verderame

Mariailaria Verderame si è laureata con lode in Scienze Biologiche presso l’Università Federico II di Napoli e ha successivamente conseguito i titoli di Dottore di ricerca in Biologia avanzata e Cultore della materia per il Settore Scientifico Disciplinare BIO/06. Ha collaborato all’attività didattico-scientifica presso il Dipartimento delle Scienze biologiche della suddetta Università. L’interesse scientifico è da anni incentrato sulle problematiche relative alle interferenze alimentari di inquinanti ambientali ad azione xeno-estrogenica sulla sfera riproduttiva. Si è inoltre occupata della valutazione dello stato nutrizionale e riproduttivo a seguito di un regime alimentare di tipo biologico ricevendo un assegno di ricerca nell’ambito delle reti di eccellenze TEMASAV. Ha partecipato a numerosi Congressi nazionali e internazionali, a molteplici corsi di perfezionamento universitari e seminari di aggiornamento tecnico-scientifico in ambito nutrizionale. Vincitrice del premio Lisa de Conciliis 2013 “Ultime frontiere della biologia molecolare” conferito dall’Accademia di Scienze Fisiche e Matematiche in Napoli. È inoltre autrice di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste a diffusione internazionale.