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Cancro della vescica: negli uomini il 60% a causa del fumo

In Italia fino al 65% dei casi di tumore della vescica negli uomini è correlato all’abuso di fumo di sigaretta. Il tumore della vescica è il quarto tumore più frequente nei maschi e l’undicesimo nelle donne. L’incidenza globale della malattia in Italia è in lieve aumento, tanto che, dal 2030 si attendono più di 35 mila nuovi casi ogni anno.

Le differenze di genere in questa patologia sono abbastanza evidenti – afferma il dott. Renzo Colombo urologo e Coordinatore dell’Uro-Oncologica dell’Ospedale San Raffaele di Milano – ogni anno in Italia si ammalano 21.000 uomini e 5.000 donne. Tuttavia, rispetto al passato, mentre oggi l’incidenza di questa malattia negli uomini è in riduzione, nelle donne risulta in sensibile aumento. Il fumatore ha un rischio di sviluppare la malattia che è quasi cinque volte superiore rispetto ad un non tabagista. Il vizio, storicamente quasi esclusivamente maschile, è negli ultimi anni in deciso aumento tra le donne italiane e questo può spiegare l’aumento dei casi femminili. Smettere definitivamente di fumare riduce significativamente il rischio di sviluppare un carcinoma della vescica dopo dieci anni, tuttavia anche dopo 20 anni dalla sospensione il rischio rimane comunque superiore a quello di coloro che non hanno mai fumato. Le oltre 4.000 sostanze tossiche e potenzialmente cancerogene contenute nei prodotti a base di tabacco, una volta inalate, passano nel sangue e da questo fino a reni e vescica”.

Cancro della Vescica: la terapia

La ricerca ed il progresso delle tecnologie consentono nuove prospettive nelle cure contro il tumore della vescica: dalla l’immunoterapia, alla chirurgia personalizzata alla radioterapia. “L’immunoterapia con l’utilizzo degli anticorpi monoclonali che hanno come bersaglio il PD-1 o PD-L1 (due proteine in grado di influenzare la risposta immunitaria) ha dimostrato nell’arco dello scorso anno di potere cambiare la storia del trattamento dei pazienti con malattia avanzata – aggiunge il dott. Andrea Necchi, Dirigente medico del Dipartimento di Oncologia Medica dell’INT di Milano – i risultati hanno recentemente raggiunto il livello massimo di evidenza in uno studio che ha dimostrato un incremento di sopravvivenza con pembrolizumab, confrontato con la chemioterapia standard, in pazienti già trattati con una precedente chemioterapia a base di platino”.

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