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Cerchi olio di qualità? Leggi l’etichetta!

Occhio all’etichetta dell’olio d’oliva: le nuove normative europee impongono modifiche che se da un lato aiutano certamente chi voglia commercializzare oli di scarsa qualità, dall’altro consentono al consumatore smaliziato di individuare con certezza gli oli migliori. Ma andiamo per ordine.

Decaduti i 18 mesi dall’imbottigliamento

Ha fatto urlare allo scandalo il fatto che la normativa europea abbia eliminato il termine massimo di 18 mesi per il consumo dell’olio dal momento dell’imbottigliamento. In altre parole, è ancora necessario indicare in etichetta “da consumarsi preferibilmente entro” ma il limite può oltrepassare i 18 mesi dall’imbottigliamento.

Di cosa stiamo però parlando veramente? Del nulla. Perché adesso come anche prima la scadenza parte dal momento dell’imbottigliamento e non da quello della produzione. Un criterio veramente curioso che però permetteva e permette a quei commercianti d’olio che lo desiderino di mischiare l’olio vecchio con quello nuovo (o di darti tutto olio vecchio) e giovarsi di una scadenza di altri 18 mesi per un olio che è stato già stoccato per un anno o più (l’olio vecchio, appunto).

Ma lo volete voi l’olio vecchio ? Se la risposta è Si, allora compratevelo. Se la risposta è No, continuate a leggere l’articolo.

Chi deve indicare la data di produzione ?

L’obbligo di evidenziare in etichetta la “campagna olearia di produzione”, cioè la data di produzione, vale solo per chi voglia commercializzare olio extravergine d’oliva 100% italiano e tutto prodotto in una sola annata. Quindi solo i produttori italiani di olio di qualità avranno l’obbligo di scrivere in etichetta quando hanno prodotto l’olio ed in quale annata ed il consumatore sa che tutto l’olio di quella bottiglia appartiene a quella annata.

Conclusione: volete comprare olio d’oliva tutto italiano e tutto nuovo ? Leggete l’etichetta !

I produttori di olio italiano di qualità avanzano però qualche sospetto, probabilmente fondato. “Il provvedimento apparentemente a favore dei produttori olivicoli speriamo non si riveli un boomerang come di recente accaduto con il portale informatico SIAN – spiega Stefano Petrucci, Presidente del Consorzio Sabina DOP che opera per la tutela e la valorizzazione dell’Olio della Sabina – che introdotto per contrastare le contraffazioni degli spacciatori di falso olio italiano e le grande industrie, secondo le organizzazioni professionali, si è rivelato un macigno burocratico in capo ai piccoli agricoltori che si sono visti recapitare negli ultimi mesi centinaia di multe tra i 2.000 € ed i 6.000 € per non aver soddisfatto i requisiti burocratici della norma. Da sempre muoiono più agnelli che pecore, figuriamoci se qualcuno tocca i lupi”.

Indicazione d’origine delle miscele d’oli d’oliva

Il burocrate di Bruxelles che usa il burro del Nord Europa anziché l’olio delle nostre verdi colline (tanto il colesterolo si alza a lui, mica a noi) ha pensato bene di eliminare “l’evidenza cromatica” con la quale in etichetta andava spiegato al consumatore quale cocktail di oli ci fosse mai nella bottiglia con su scritto “olio extravergine di oliva” che chiunque di noi (ingenuo) pensa provenga tutto dallo stesso pittoresco oliveto sulla collina verde.

Del resto, siamo nel giusto noi ad illuderci: avete mai mischiato mezza bottiglia di chianti e mezza di barolo per poi berli insieme ? E perché qualcuno dovrebbe far lo stesso con l’olio ? Per guadagno ?

Per fortuna, però, la legge prescrive ancora che:L’indicazione dell’origine delle miscele di oli di oliva originari di più di uno Stato membro dell’Unione europea o di un Paese terzo, … deve essere stampata, … in un punto evidente in modo da essere visibile, chiaramente leggibile e indelebile”.

Dunque fate ben attenzione quando leggete l’etichetta e lasciate che sia il burocrate di Bruxelles a condire con il cocktail la sua insalata allevata in serra che non sa di nulla.

Clicca per il VIDEO “Stefano Petrucci Consorzio Olio DOP Sabina – Olio d’Oliva di Qualità”

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Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ consigliere d’amministrazione di SanaRes, la prima rete d’imprese italiana nel comparto sanitario. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.