Stomaco ed Intestino

Clostridium Difficile: trapianto di microbiota aumenta la sopravvivenza

Il trapianto di microbiota intestinale (FMT) da donatori sani contro l’infezione da Clostridium difficile aumenta la sopravvivenza di oltre un terzo rispetto alla terapia antibiotica e dimezza i giorni di degenza.

Lo afferma uno studio condotto presso Policlinico Gemelli IRCCS e l’Università Cattolica del Sacro Cuore e pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine.

Infezione da Clostridium Difficile: che cos’è?

L’infezione da Clostridium Difficile è diventata epidemica negli ultimi anni, complice l’abuso di antibiotici, specialmente in pazienti anziani e fragili. Basti pensare che, secondo recenti casistiche, ogni anno negli USA muoiono circa 29.000 persone per tale patologia, per una spesa complessiva di 5 miliardi di dollari/anno. I sintomi di tale patologia possono variare da una semplice diarrea a un quadro clinico severo, che può essere mortale.

Tuttavia, il Clostridium Difficile Difficile è un batterio che risiede in forma latente nell’intestino di una quota consistente (circa il 30%) delle persone (portatori sani), e l’infezione si manifesta solo quando il microbiota intestinale sano del soggetto viene debilitato, come in caso di massicce e ripetute terapie antibiotiche.

Trapianto di microbiota intestinale: cura d’avanguardia per l’infezione da Clostidium Difficile

Il trapianto di microbiota ha cambiato la storia naturale di tale patologia – sostiene il professor Antonio Gasbarrini, Direttore dell’Area Medicina Interna, Gastroenterologia e Oncologia del  Policlinico Gemelli – Infatti, vi è un gran numero di evidenze (da numerosissimi studi in aperto e trial randomizzati a diverse meta-analisi) che dimostra come il trapianto di microbiota intestinale sia più efficace degli antibiotici nel curare definitivamente l’infezione ricorrente da Clostridium Difficile”.

Lo studio ha coinvolto 290 pazienti ricoverati per infezione da Clostridium difficile. 181 pazienti sono stati trattati con antibiotici e 109 con il trapianto di microbiota, tutti curati presso il Policlinico Gemelli IRCCS.

Lo studio ha avuto tre risultati principali:

  1. i pazienti trattati con trapianto di microbiota intestinale – FMT hanno avuto un rischio di sepsi circa 4 volte inferiore rispetto ai pazienti trattati con antibiotici (5% vs 22% dei pazienti in questo studio);
  2. la degenza media dei pazienti trattati con FMT è stata meno della metà (30 giorni vs 13 giorni) rispetto a quella dei pazienti trattati con antibiotici;
  3. i pazienti trattati con trapianto di microbiota intestinale hanno un tasso di sopravvivenza complessiva di circa un terzo maggiore rispetto ai pazienti trattati con antibiotici (92% vs 61%).

Tali risultati – sostiene il dottor Gianluca Ianiro, gastroenterologo presso il Policlinico Gemelli e primo autore dello studio – hanno due importanti implicazioni. Anzitutto per la prima volta abbiamo dimostrato che il trapianto fecale migliora la sopravvivenza complessiva di questi pazienti, che mediamente sono di base molto fragili e defedati, ed è il motivo per cui sviluppano tale infezione. Questo vuol dire che la rigenerazione del microbiota sano riesce a riequilibrare il microambiente intestinale e a ripristinare le funzioni vitali del microbiota, in primis quella di regolazione del metabolismo e delle funzioni immunitarie. La seconda conseguenza – conclude Ianiro – è che, con una tale riduzione della lunghezza media delle ospedalizzazioni, diventa antieconomico (anche se degli studi adeguati di costo-efficacia vanno ancora condotti) non avere tale metodica disponibile in ogni ospedale”.

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