Il borgo di Mentana

Il borgo di Mentana rivela a colpo d’occhio l’antichità della sua origine: posto sul colmo di una “penisola” di tufo che sembra quasi emergere dal nulla, tradisce chiaramente la sua origine “difensiva”. Infatti, tralasciando l’epoca romana e passando d’un balzo all’alto medioevo, Mentana fu sede episcopale già nel III secolo d.C.. Nel 741 venne occupata dai Longobardi e così l’abitato con tutta probabilità venne riedificato nella posizione attuale.
Una data va senz’altro ricirdata: quella del 23 novembre dell’800 quando proprio a Mentana Papa Leone III attese Carlo Magno, che proveniva dall’Abbazia (imperiale) di Fara dove aveva trascorso la notte per accoglierlo a Roma ed incoronarlo Imperatore del Sacro Romano Impero.
Nei secoli, poi, Mentana cambio più volte feudatario: il castello di Nomentum fu della famiglia romana dei Crescenzi nel X e XI secolo. Nel 1058 venne distrutta dai Normanni in lotta con il Papa e passò alla famiglia dei Capocci; in seguito fu compresa fra i possedimenti papali e fu affidata ai monaci benedettini di San Paolo fuori le mura.
Nel XIII secolo passò agli Orsini, poi (1594) al principe di Venafro, Michele Perett, e nel 1655 al principe Marcantonio Borghese e proprio a questa famiglia dobbiamo la trasformazione del castello nell’attuale palazzo “fortificato” di stile rinascimentale
Il 3 novembre del 1867 – come tutti sappiamo fin dai tempi della scuola – fu teatro della battaglia di Mentana, che segnò l’epilogo infausto della Campagna dell’Agro Romano per la Liberazione di Roma. Le Camicie Rosse di Giuseppe Garibaldi furono sconfitti dalle truppe pontificie e dai francesi mentre si stavano trasferendo da Monterotondo a Tivoli.
Da visitare
- il Borgo, con all’interno Palazzo Borghese e la Chiesa di Sani Nicola
- Palazzo Crescenzio: dopo il crollo di un’ala dello stesso, si presenta, dopo un decennio di restauri, nella forma odierna. Ospita cimeli archeologici.
- Museo nazionale della campagna dell’Agro Romano per la liberazione di Romaconserva i cimeli della campagna garibaldina del 1867
- il parco della Rimembranza (attiguo al museo) in cui sorge l’ara-ossario. Conserva i resti dei 300 volontari garibaldini caduti nella intera Campagna del 1867. Tra i caduti i cui nomi sono scolpiti ai lati del monumento vi sono i fratelli Cairoli, Giuditta Tavani Arquati, suo marito Francesco Arquati
- la “riserva naturale Nomentum“, comprendente il “parco Trentani” e la “macchia di Gattacieca”