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Batteri antibiotico-resistenti: problema in crescita

Gli antibiotici costituiscono la difesa più importante ed efficace a nostra disposizione per limitare le conseguenze delle infezioni, ma vengono spesso utilizzati in modo eccessivo e non sempre corretto provocando l’aumento di microrganismi multiresistenti.

I neonati sono tra i più a rischio in questa situazione. Infatti, ogni anno nel mondo oltre un milione di neonati muoiono a causa infezioni e nel 2012 quasi sette milioni di neonati sono stati sottoposti a trattamento per patologie infettive batteriche. Un recente studio americano (Clock e coll. 2016) su 1.320 neonati ricoverati in Terapia Intensiva Neonatale ha dimostrato che il 9% erano colonizzati (si potrebbe dire “portatori sani” anche se il termine non è proprio appropriato) da batteri antibiotico-resistenti portatori di almeno una resistenza antibiotica. L’utilizzo prolungato di antibiotici si associava ad un aumentato rischio di colonizzazione da germi resistenti.

Per la Società Italiana di Neonatologia (SIN) la sempre più frequente presenza di microrganismi multiresistenti rappresenta dunque un pericolo estremamente serio per i piccoli pazienti e trovare soluzioni adeguate è una delle sfide prioritarie del prossimo decennio.

 “La storia della scoperta di nuove classi di antibiotici ci insegna che l’emergere di resistenze avviene naturalmente non appena l’antibiotico viene utilizzato  – afferma Mauro Stronati, Presidente della SIN – Il quadro che emerge è quello di un mondo in cui “l’arsenale” per combattere i microrganismi è sempre più povero di mezzi: da un lato lo scarso investimento delle industrie farmaceutiche nella scoperta di nuove molecole, dall’altra la circolazione su scala mondiale di batteri resistenti a pressoché tutti gli antibiotici già in commercio. È necessaria una presa di coscienza individuale e collettiva sul fenomeno, ma principalmente l’adozione di un protocollo rigoroso all’interno degli Ospedali e nelle cure che prevedono l’impiego di antibiotici”.

Italia al 5° posto x utilizzo di antibiotici

L’Italia è tra i Paesi più a rischio perché è tra quelli dove i batteri, a causa dell’uso massiccio di antibiotici negli ultimi tre decenni, sono divenuti più resistenti. Secondo lo European Centre for Disease Prevention and Control, infatti, il nostro Paese è al quinto posto per utilizzo giornaliero di antibiotici dopo Grecia, Francia, Lussemburgo e Belgio. È necessario quindi, volendone limitare la comparsa, modificare il modo di trattare le infezioni e il modo di utilizzare i farmaci antimicrobici che ancora si dimostrano efficaci.

Secondo i neonatologi italiani il problema delle resistenze batteriche agli antibiotici va affrontato ad un duplice livello: locale e globale. È necessaria maggiore educazione alla prevenzione delle infezioni e alla prescrizione degli antibiotici. Per affrontare il problema è di fondamentale importanza che i governi promuovano la scoperta di nuove molecole attraverso programmi di ricerca e stabilendo accordi con le case farmaceutiche.

Regolamentare la prescrizione di antibiotici

È importante, inoltre, che la prescrizione degli antibiotici sia strettamente regolamentata ad esempio con l’adozione, in ogni ospedale di infrastrutture che migliorino la collaborazione tra le strutture competenti e guidino i medici nelle prescrizioni, operando mediante un programma di sorveglianza, sia al momento della prescrizione che nel corso del trattamento.

Puntare sulla prevenzione

Dove possibile e specialmente in contesti ospedalieri l’attenzione dovrebbe essere massimamente focalizzata sulla prevenzione più che sul trattamento delle infezioni. Tutti i presidi preventivi, primo fra tutti il lavaggio delle mani, dovrebbero essere massimamente incentivati negli ospedali.

Già nel 2013 la SIN aveva lanciato l’allarme – passato quasi inosservato – sull’incidenza dei rischi infettivi sul neonato classificando questo fenomeno come il “pericolo grigio”, che frequentemente si manifesta tardivamente, cioè dopo la dimissione, mettendo a repentaglio la salute del neonato.

L’approccio, secondo la SIN, deve essere basato su 4 principi da seguire. Innanzitutto il riconoscimento del problema dei batteri antibiotico-resistenti da parte degli organi di controllo e dei governi, rendendolo pubblico mediante conferenze, rapporti, azioni. In secondo luogo avviare partnership tra pubblico e privato per la scoperta di nuovi antibiotici. Il terzo è la prevenzione delle infezioni con vaccini e misure di igiene personale e nelle strutture. Infine la necessità di un programma nazionale di accesso agli antibiotici per tutti coloro che ne hanno bisogno ma con priorità di accesso ben definite.

Le infezioni da batteri multi-resistenti

I microrganismi che generano infezioni antibiotico-resistenti sono diversi, tra cui lo stafilococco aureo meticillino-resistente; enterococco resistente alla vancomicina; Pseudomonas aeruginosa resistente ai fluorochinoloni. Ancora più preoccupante è l’emergenza causata da microrganismi multi – o pan- resistenti (varie specie batteriche tra cui Pseudomonas, Klebsiella, E. coli, Acinetobacter, Enterobacter) che possono acquisire fattori di resistenza a pressoché tutti gli antibiotici attualmente in commercio. Tali “superbatteri”, come sono stati battezzati, possono diffondersi molto rapidamente da ospedale a ospedale e all’intero pianeta. È ciò che è avvenuto nell’ultima decade.

I microrganismi multi-resistenti patogeni per l’uomo, infatti, vengono solitamente isolati all’interno degli ospedali, a volte in corso di eventi epidemici; si diffondono poi all’interno dei reparti come le Terapie Intensive Neonatali e le Pediatrie e trasmessi da paziente a paziente o dall’ambiente al paziente, anche con l’involontario aiuto degli operatori sanitari. Negli ultimi anni molto lavoro è stato compiuto per promuovere l’utilizzo di mezzi semplici ed efficaci di prevenzione quale il lavaggio delle mani, e molto è ancora da fare per prevenire la trasmissione ospedaliera delle infezioni.

 

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