Identificato il meccanismo che determina il rischio di celiachia
Uno studio del Consiglio nazionale delle ricerche (Igb-Cnr e Ibp-Cnr) ha analizzato la risposta immunitaria al glutine in relazione al rischio genetico: conta non solo il numero dei geni HLA coinvolti ma anche la quantità di molecole di RNA da essi prodotta. È un passo avanti nella determinazione della predisposizione alle patologie autoimmuni. La ricerca è stata pubblicata su The Journal of Autoimmunity e finanziata da Fondazione Celiachia e dal Miur (Progetto Bandiera InterOmics del Dsb-Cnr).
Carmen Gianfrani dell’Istituto di biochimica delle proteine (Ibp-Cnr) spiega: “non solo la determinazione dei geni HLA di rischio ma anche dei livelli di espressione potrà servire nel futuro per stabilire l’entità della predisposizione alla celiachia. Inoltre questi risultati rappresentano un avanzamento nella conoscenza del meccanismo molecolare alla base anche di altre patologie autoimmuni”.
La predisposizione alla celiachia
In pratica, solo alcuni geni della regione cromosomica HLA sono associati alla predisposizione di ammalarsi di celiachia. “Nel 95% dei soggetti affetti da celiachia sono presenti alcuni specifici geni definiti di rischio o predisponenti la malattia, in quanto associati all’instaurarsi della risposta immunologica al glutine del grano – spiega Giovanna Del Pozzo dell’Igb-Cnr – geni in questione sono DQA1*05 e DQB1*02 del locus HLA, che codificano la molecola HLA-DQ2.5 la quale, a sua volta, lega alcune sequenze peptidiche del glutine che l’organismo dei pazienti celiaci riconosce come estranee, attivando le cellule del sistema immunitario”.
Secondo la ricerca, nel determinare la predisposizione alla malattia è importante non solo il numero di questi geni HLA ma anche la quantità di molecole di RNA da essi prodotta.
“I due geni di rischio associati alla celiachia producono una quantità di RNA elevata, maggiore di quella prodotta da geni HLA non associati alla malattia – prosegue Del Pozzo – lo studio dimostra che pazienti sia omozigoti sia eterozigoti, cioè in cui la variante, o allele di rischio, è presente su entrambi i cromosomi 6, o su uno soltanto, producono una quantità paragonabile di molecole HLA in grado di presentare i peptidi del glutine tossici. Ciò spiega perché è tanto importante la quantità di glutine introdotta con la dieta nel determinare la reazione infiammatoria a livello dell’intestino”.
Lo studio, coordinato da Giovanna del Pozzo dell’Istituto di genetica e biofisica (Igb-Cnr) e Carmen Gianfrani dell’Istituto di biochimica delle proteine (Ibp-Cnr), è stato pubblicato sulla rivista The Journal of Autoimmunity.
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