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Dalla gravidanza alla genitorialità: un percorso pensato in comune

Quel complesso percorso, che la medicina definisce “processo gravidico”, e che porta dal concepimento  alla nascita ed all’avvio di una vita familiare che comprende adesso anche il neonato, vengono generalmente individuati quattro momenti:

Dal concepimento alla percezione dei movimenti fetali.

Come reagisce il sistema familiare all’attesa del bambino? Passato il momento di euforia, di contentezza o di shock, ha inizio la ristrutturazione dei rapporti di coppia sulla base delle nuove esigenze e, a questo punto, si possono presentare maggiormente le differenze segnate proprio dai dati biologici. Ad esempio nel primo trimestre la donna è maggiormente coinvolta sul piano fisico, anche perché ancora la gravidanza non è visibile all’esterno, ma comincia a fornire segnali nel suo corpo che la mettono di fronte al cambiamento rispetto alla percezione che aveva di se stessa in precedenza.  Nel contempo, può fantasticare con largo margine sulla nuova condizione di madre, anche attraverso sentimenti di ambivalenza rispetto a sé, al figlio, al futuro padre ed ai genitori giocando proprio sullo stato gravidico e sull’incertezza concomitante. Il livello di ansia in questo periodo può essere molto elevato per la donna ed esprimersi nei disturbi tipici del primo trimestre: nausea, vomito, senso di debolezza. L’uomo, a sua volta, può sperimentare sentimenti contradditori, alla ricerca di una collocazione. Se la gravidanza è la prova tangibile della sua virilità adesso deve decentrarsi rispetto al suo ruolo stereotipico, per entrare maggiormente in contatto con le parti accudenti che gli consentano di prendersi cura della moglie la quale, adesso più che mai, manifesta bisogni di vicinanza e di protezione.

Dalla percezione dei movimenti fetali fino alle ultime fasi di gravidanza.

Il feto in questo periodo è percepito in modo progressivamente differenziato e viene riconosciuto come un’entità a sé. Sia durante i nove mesi che nel periodo perinatale la donna vive un particolare stato psicologico che suscita in lei una sensibilità estremamente acutizzata. Se in precedenza la donna era stato il polo “materno” della relazione di coppia, ora spetta all’uomo fungere da supporto emotivo rispetto alle ansie ed alle paure della donna incinta, sostenendola e ‘nutrendola’ affettivamente in questo periodo, proprio come ella nutre e fa crescere il figlio che porta in grembo. Ora prendono forma sia fantasie consce che inconsce rispetto al bambino (ad es. sul suo aspetto fisionomico, sul suo temperamento caratteriale, sulla rosa di nomi), ossia “prende forma e spazio” nella vita dei futuri genitori. Questi momenti sanciscono non solo la trasformazione della relazione di coppia in una situazione triangolare ma introduce un nuovo elemento in quanto moglie e marito iniziano a percepirsi come coppia genitoriale. Creare nella coppia la consuetudine a comunicare e confrontarsi sui temi della genitorialità, su fantasie, timori e dubbi circa la prospettiva di vita con il bambino rappresenta una importante prevenzione delle difficoltà che la coppia si troverà ad affrontare. Questa interiorizzazione predispone alla comunicazione e all’ascolto del proprio bambino e pone le basi per lo sviluppo della relazione affettiva e di attaccamento.

Gli ultimi momenti ed il parto.

Sono presenti in questo periodo ansie riguardanti l’integrità del bambino, il travaglio e il parto.

L’inizio della vita a tre: il puerperio.

Le settimane successive al parto, con il ritorno a casa, con i possibili disturbi fisici, i primi approcci e tentativi di cura del bambino rappresentano una fase di transizione, densa di sentimenti contrastanti e di emozioni a volte confuse: si alternano sentimenti di onnipotenza, di euforia,  di perdita, di frastuono… Questa fase è un momento di particolare vulnerabilità per l’immaginario che spesso si scontra con la realtà, per le sensazioni ed il timore di non riuscire a gestire adeguatamente le nuove richieste e il nuovo ruolo. La preoccupazione materna primaria, come è stato definito dallo psicoanalista D.H. Winnicott questo particolare stato e assorbimento nel bambino, è un fattore essenziale del processo di formazione del legame. La capacità della madre di immedesimarsi nel suo bambino influenza la qualità dell’interazione ed è attraversoi primi contatti con la madre che il bambino sviluppa le prime reazioni di attaccamento e stabilisceil primo legame (il “bonding”). La madre è facilitata nel fornire al bambino un ambiente di holding (contenimento), essenziale al suo sviluppo, se lei stessa è sostenuta psicologicamente e accudita: una puerpera tende a regredire psicologicamente, sperimentando un particolare bisogno di sicurezza, di essere protetta, di avere qualcuno che si occupi di lei e la sostenga psicologicamente. Il coinvolgimento, la collaborazione e il sostegno del suo compagno presenti durante i nove mesi diventano cruciali in questa fase. Non secondario sarà anche il supporto dato dalle famiglie d’origine che sia in grado di assecondare le esigenze della ‘nuova famiglia’.

Spazio di confronto

Si parla sempre delle gioie legate alla gravidanza e alla maternità, mentre meno spesso si parla apertamente delle difficoltà che il passaggio a questo nuovo ruolo comporta. Per accettare questo profondo cambiamento è necessario riconoscere anche le emozioni negative ad esso legate, quali la rabbia, la frustrazione, l’egoismo, il sentimento di rinuncia, anche se questo comporta l’andare contro il mito del genitore perfetto. Diventare madri e padri significa anche perdere una parte di se stessi ed assumere un nuovo ruolo, da figli a genitori, e questo cambiamento richiede un periodo più o meno lungo di adattamento. Prestare specifica attenzione agli aspetti psicologici si è rivelato in ogni caso di grande utilità e può consentire, ulteriormente, di individuare eventuali fattori di rischio importanti per la prevenzione post partum.

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Maria Cristina Zara

Maria Cristina Zara si è laureata in Psicologia- indirizzo Clinico e di Comunità presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e si è specializzata presso la Scuola Romana di Psicoterapia Familiare. Ha prestato servizio presso la Usl RMB, il Policlinico Umberto I e l’Ospedale Villa San Pietro - Fatebenefratelli di Roma. Ha operato per progetti Regionali su Servizi di Prevenzione ed assistenza per la popolazione tossicodipendente. Attualmente collabora con il Centro di Terapia Relazionale di Roma e dal 2007 svolge l’attività di Formatrice e Psicologa Scolastica all’interno di Progetti finanziati dai Servizi Sociali-Politiche Educative del Comune di Monterotondo. Esercita la sua attività di Psicoterapeuta presso lo Studio Medico Polispecialistico Cappuccini.