Modello Sanità

Pierluigi Bartoletti, Segretario Regionale FIMMG Lazio: costruire sul territorio una filiera assistenziale

Pierluigi Bartoletti, Segretario Regionale per il Lazio della Federazione Italiana Medici di  Medicina Generale (FIMMG) ha recentemente annunciato le proposte FIMMG per la riorganizzazione del Servizio Sanitario Regionale. SalutePiù lo ha incontrato per approfondire l’argomento.

Presidente Bartoletti, FIMMG Lazio ha in queste settimane presentato la sua proposta per una nuova “sanità territoriale” nella Regione Lazio la quale si pone anche l’obiettivo di far si che la manovra di contenimento della spesa sanitaria regionale non intacchi il diritto alla salute dei cittadini. Ce ne spiega i contenuti e le modalità di attuazione?

Per spiegare cosa abbiamo in mente dobbiamo anzitutto partire da un assunto: non potrà mai esistere un sistema ospedaliero efficace ed efficiente se non esista contemporaneamente un sistema territoriale che lo sia altrettanto e si deve trattare di un sistema territoriale realmente in grado di farsi carico di tutte le esigenze di salute dei cittadini che non siano di specifica spettanza dell’ospedale. Nel Lazio, invece, veniamo da anni di programmazione sanitaria sbagliata, fortemente ospedalecentrica, che ha portato dove siamo oggi, cioè in una situazione dove la spesa sanitaria destinata al mantenimento degli ospedali è talmente ingente da far si che non vi siano risorse residue per attivare un sistema territoriale. Noi proponiamo una logica diversa, che definiamo “di filiera”, ovvero basata sull’idea di costruire sul territorio una filiera assistenziale in grado di farsi carico di tutte le patologie non specificamente ospedaliere integrando tutte le “risorse” già oggi presenti ed attive. In altre parole: gli ospedali andranno dedicati agli acuti, possibilmente caratterizzandosi per una forte specializzazione per patologia, mentre medici di famiglia, distretti delle ASL, poliambulatori privati-accreditati e cooperazione dovranno soddisfare tutta l’assistenza necessaria tanto ai pazienti non acuti quanto al post acuzie.

Procediamo per gradi: FIMMG Lazio ha presentato un’ipotesi che vede attiva un sistema a più livelli fatto da ambulatori di zona, centri intermedi ed  ospedali di zona. Ce lo descrive anche nei rapporti tra i vari livelli ?

Partiamo dagli ambulatori di zona. Oggi operano nel Lazio circa 4.800 medici di famiglia e 800 pediatri di libera scelta. Circa 3.860 sono già oggi raccolti nelle cosiddette Unità di Cure Primarie e circa il 50% di questi colleghi appartengono ad UCP operanti in un’unica sede e quindi particolarmente adatte ad offrire ai pazienti orari di servizio prolungati. Per la precisione, a Roma e provincia operano circa 220 UCP in sede unica mentre altre 160 sono presenti nelle restanti provincie laziali. Questi sarebbero gli “ambulatori di zona”. Che dovrebbero arrivare ad essere 600 in tutto il Lazio e per i quali procederemo a definire più compiutamente le attività da effettuare e gli standard assistenziali da garantire. Comunque, dovranno essere attrezzati in modo da poter fare un primo livello di diagnosi anche se non specialistica e risolvere i problemi più immediati, immaginiamo un tappo di cerume. Il secondo livello sarà rappresentato dai distretti delle ASL e dai laboratori e poliambulatori privati-accreditati o anche del tutto privati dove il paziente potrà accedere a servizi di diagnostica e di specialistica diciamo così di “2° livello”.

Fin qui siamo ancora nel mondo dell’ambulatorio, cioè dove non è prevista la degenza. Il passo successivo è quello dell’ospedale di zona dove può certamente esservi anche la diagnostica di 2° livello ma dove in primis verrà localizzato il day surgery e, soprattutto, la degenza post acuzie. In altre parole, il paziente dimesso dall’ospedale per acuti (che potremmo chiamare di 1° livello) verrà ricoverato per la convalescenza o la riabilitazione in un ospedale di zona dove, mediamente, la degenza costa 1/6 di quanto verrebbe a costare in un ospedale per cuti.

Parliamo di un risparmio importantissimo, che potrebbe anche servire per finanziare il sistema territoriale.

Esattamente. Ma guardi che non le sto raccontando il libro dei sogni. Basta mettere a confronto Londra e Roma. Londra ha 9 ospedali, quasi tutti altamente specializzati, Roma 29, cioè venti di più, quasi tutti generalisti. Londra ha una rete ospedaliera fondata sull’altra specializzazione e per poi inviare il paziente verso strutture focalizzate sulla fase di post acuzie. Noi tutto il contrario. Mi faccia dire una cosa con chiarezza, senza diplomazia: se il sistema ospedaliero non cambia, parlare di territorio vuol solo dire illudere la gente, perché il drenaggio di fondi effettuato dal sistema sarà totale non lasciando alcuno spazio ad un vero sistema territoriale.

Guardi, faccio un altro esempio, altrettanto macroscopico: nel Lazio ci sono 28 Pronto Soccorso, 20 DEA di 1° livello (Dipartimento di Emergenza Urgenza e Accettazione, ndr), 5 DEA di 2° livello. I problemi di queste strutture li leggiamo purtroppo sui giornali, quindi non me li invento io. Il punto è che i cittadini ricorrono al pronto soccorso perché non trovano sufficiente assistenza sul territorio: se la trovassero, noi potremmo ridurre il numero di queste strutture e portare a casa un ulteriore grande risparmio.

Dottor Bartoletti, un ultima domanda: lei, parlando della vostra proposta, ha chiamato a raccolta tutte le forze presenti sul territorio. E’ finalmente giunto il momento di superare gli steccati oggi ancora esistenti e, probabilmente, del tutto illogici.

Si, credo proprio sia venuto il momento e proprio perché sono del tutto illogici. Perché il sistema del territorio funzioni non possiamo continuare con le vecchie frammentazioni. Medici di famiglia, strutture pubbliche, strutture private, sistema delle cooperative devono tutti lavorare insieme dando il meglio delle loro competenze e senza preconcetti. Ma dobbiamo anche portare sul territorio gli specialisti ambulatoriali degli ospedali in modo che possano venire a visitare presso i centri di 2° livello portando sia la loro competenza che una naturale capacità di integrazione verso l’ospedale. Quello che conta è innalzare il livello di servizio offerto ai cittadini e, in più, portarlo sempre più vicino alle loro case.

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Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ consigliere d’amministrazione di SanaRes, la prima rete d’imprese italiana nel comparto sanitario. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.