Sport e cuore: come regolarsi?
Le malattie cardiovascolari sono colpevoli di circa 242.000 vittime l’anno solo in Italia; l’unico modo per “difendere” la salute di ciascun individuo, passa attraverso la prevenzione. Eliminare o ridurre i comportamenti a rischio ed adottare uno stile di vita più sano, rappresenta l’unica alternativa in linea col nostro benessere:
– smettere di fumare
– mantenere il peso sotto controllo
– controllare sistematicamente la pressione arteriosa
– mantenere i livelli di colesterolo entro i limiti consigliati
– limitare il consumo di grassi ed alcolici
– praticare attività fisica.
Queste righe non hanno la pretesa di essere un trattato di fisiologia dello sport, ma vogliono cercare di spiegare quest’aspetto molto importante che riguarda lo sport e il cuore. In particolare gli adattamenti che subisce il cuore in seguito all’attività sportiva svolta, sia essa agonistica sia amatoriale.
Cenni di anatomia…
Il cuore è un muscolo involontario che utilizza l’ossigeno come fonte principale di energia; è un organo muscolare cavo per l’esattezza, che contraendosi imprime al sangue la pressione necessaria affinché circoli all’interno del sistema arterioso. Usualmente il cuore si divide in destro e sinistro ed in particolare in 2 camere destre e 2 sinistre definite rispettivamente atri e ventricoli destri e sinistri. Il sangue giunge agli atri dai vari distretti corporei attraverso le vene, mentre viene espulso (pompato) dai ventricoli verso i muscoli, il cervello, e tutti gli altri organi ed apparati attraverso le arterie.
Se è vero che il cuore è un muscolo, è altrettanto vero che ogni qual volta s’intraprende un’attività fisica muscolare di qualunque intensità, gli viene richiesta una prestazione particolare che comporterà un consumo di ossigeno supplementare; successivamente, nel tempo, si adeguerà a quel tipo di lavoro, subirà degli adattamenti. Questi adattamenti sono la risposta cardiaca all’attività sportiva e dipendono dal tipo di sport praticato e soprattutto dall’intensità e dalla frequenza con cui viene praticato. Si potrà avere, quindi, un’ipertrofia miocardica fisiologica, ovvero un aumento della massa muscolare del cuore per sostenere al meglio gli sforzi richiesti ed ottimizzare il consumo di ossigeno.
Cuore e Sport
Per tutte le attività aerobiche come corsa, camminata, ciclismo, sci di fondo, ecc., che in pratica richiedono attività muscolari di resistenza, al cuore viene chiesto di aumentare la gittata sistolica (quantità di sangue che esce dal ventricolo sinistro ad ogni contrazione) e di conseguenza si adatterà in maniera progressiva aumentando il volume delle proprie cavità. Questo tipo di adattamento cardiaco che ne conseguirà, prenderà il nome d’ipertrofia eccentrica, dove le pareti del cuore aumentano di spessore e si allontanano dal centro, aumentando quindi il raggio della camera cardiaca. La caratteristica principale che si noterà in seguito a questo tipo di adattamento sarà una notevole riduzione della frequenza cardiaca a riposo fino ad arrivare a una vera bradicardia fisiologica (o cuore d’atleta).
Le conseguenze a lungo termine dello sport determinano un aumento del numero di capillari, soprattutto a livello muscolare, il che assicura agli stessi un maggior apporto di nutrienti e ossigeno, riducendo le resistenze periferiche. In altri termini, aumentando il letto vascolare, si ha un effetto netto sulla pressione arteriosa sistemica che diminuisce. Quando invece si praticano attività di potenza limitate nel tempo come il body building o il sollevamento pesi, la richiesta che viene fatta al cuore è di aumentare la pressione arteriosa e non particolarmente il volume di sangue. Ecco perché sport di questo tipo sono da evitare in soggetti che soffrono d’ipertensione arteriosa e/o altre forme di cardiopatia o in quei soggetti con malattie dell’aorta che la sottoporrebbero al rischio di rottura. Il tipo di adattamento cardiaco che avverrà prenderà il nome d’ipertrofia concentrica, dove le pareti del cuore aumentano di spessore in modo più evidente e si avvicinano al centro diminuendo il raggio della camera cardiaca. In questo caso si avrà una riduzione della frequenza cardiaca a riposo molto meno evidente.
Quale allenamento ?
In sostanza avremo un lavoro cardiaco di pressione durante un esercizio di potenza e un lavoro di volume durante un esercizio di resistenza. Alla luce di questo è chiaro che il tipo di allenamento migliore che dovrebbe essere ricercato è quello di tipo aerobico, di resistenza (lunghe passeggiate, corsa, nuoto, ciclismo).
Il beneficio massimo si ottiene con tre quattro sedute a settimana, per un totale di 5-6 ore d’attività sportiva, oltre i quali non esistono vantaggi in termini di prevenzione. Anche la durata è importante; la soglia ottimale è di 30’-45′ a seduta, superata la quale l’effetto è modesto.
L’intensità d’esercizio, deve essere obbligatoriamente modesta, ad impegno prevalente aerobico. Proprio per questo, può essere utile utilizzare un cardiofrequenzimetro, che misuri le pulsazioni durante l’esercizio. Una volta tarato sulle esigenze di chi lo indossa ed individuato la “target zone” di frequenza cardiaca ottimale, consente di monitorare per tutta la durata dell’allenamento, il lavoro cardiaco ed avvertirci qualora dovessimo superare i valori limite precedentemente impostati. Meglio allenarsi nel pomeriggio o di sera e preferire il mattino qualora non esistano alternative. Il mattino presto, infatti, è il momento più critico, dal punto di vista cardiovascolare, perché registra un aumento fisiologico sia della frequenza cardiaca sia della pressione arteriosa.
Particolare attenzione andrebbe posta alla temperatura! I soggetti cardiopatici possono incorrere in una crisi qualora la temperatura sia troppo rigida. In caso di caldo soffocante ed umidità elevata, occorre prevenire l’eccessiva perdita di liquidi bevendo regolarmente ad intervalli regolari piccoli sorsi d’acqua meglio se arricchita con sali minerali.