Cuore

Fibrillazione Atriale: quando il cuore perde il ritmo

Raddoppia il rischio di morte, moltiplica di oltre 3 volte la probabilità di scompenso cardiaco, quintuplica il pericolo di ictus. Il nemico si chiama Fibrillazione Atriale.

Un’epidemia che aumenta al ritmo di 120mila nuovi casi all’anno, con costi annuali superiori ai 3 miliardi di euro. I pazienti sono soprattutto anziani con cuore e arterie già a rischio, ma per il 10% si tratta di under 60 in apparenza sani, a volte giovani nel pieno della vita. Non mancano poi i fulmini a ciel sereno: persone senza alcun sintomo, che all’improvviso scoprono per caso, magari con un ictus, di avere il ‘cuore che trema’. E spesso è troppo tardi.

Tralasciando quest’apertura dal sapore quantomeno drammatico, cerchiamo di parlare di uno dei disturbi del ritmo più frequenti focalizzando l’attenzione sulle principali problematiche ad esso correlate.

 Fibrillazione Atriale: cos’è ?

fibrillazione atriale

La fibrillazione atriale è un disturbo del ritmo cardiaco che si manifesta con una completa irregolarità del battito del cuore. Se normalmente la cadenza dei battiti è regolare, in corso di fibrillazione atriale diventa caotica, ovvero l’intervallo tra un battito e l’altro è continuamente diverso. Nel cuore, normalmente, ogni battito inizia in un punto ben preciso dell’atrio destro in cui ha sede un gruppo di cellule specializzate capaci di mandare ciclicamente  impulsi elettrici (60-80 al minuto in condizioni di riposo) che si propagano in tutto il muscolo cardiaco provocandone la contrazione. Nel cuore in fibrillazione atriale tanti piccoli gruppi di cellule dislocati nei due atri inviano impulsi in maniera disordinata e indipendente, ma dei tanti impulsi, fortunatamente solo alcuni riusciranno a propagarsi nelle restanti zone del cuore (ventricoli) provocando un numero di contrazioni al minuto irregolari e variabili. E’ come se al posto di un singolo interruttore di una lampadina ce ne fossero tanti che si accendono e spengono caoticamente così da far accendere la lampadina in maniera disordinata.

Fibrillazione Atriale: le Cause

Una delle domande più frequenti che i pazienti colpiti da fibrillazione atriale pongono allo specialista riguarda le cause della patologia che li affligge. E’ difficile spiegare che questa aritmia il più delle volte non riconosce una causa specifica. E’ talmente tanto difficile che proprio recentemente un paziente dalle chiare origini siciliane, dopo avergli spiegato con dovizia di particolari che il suo cuore era normale e funzionava bene, che il suo elettrocardiogramma non presentava elementi patologici, che il suo stato di salute era ottimale, mi ha risposto “ma allora dottori, se sto cosi bene comu dici vussia, mu dici cu è sta camurria ca mi sentu nta u piettu”. Non ho trattenuto una gran bella risata anche perché la somiglianza del paziente con Andrea Camilleri era quasi inverosimile.

Fattori di rischio

Sia le persone con cuore sano che quelle con cuore malato possono andare incontro a questa turba del ritmo cardiaco. Più precisamente le probabilità di insorgenza aumentano progressivamente con l’età, sono quasi nulle nei bambini e nei giovani non cardiopatici, mentre nella popolazione adulta e anziana riscontriamo una incidenza che va dall’ 1 al 6% tra i 60 e gli 80 anni. Gli uomini sono più colpiti delle donne. Ovviamente ci sono diverse malattie cardiache che possono determinare l’innesco di una fibrillazione atriale. Per esempio i difetti delle valvole del cuore, in particolare la stenosi o l’insufficienza mitralica. La cardiopatia ischemica, ossia le stenosi delle coronarie che abbiano determinato o no un infarto. L’ipertensione arteriosa da lunga data specie se non correttamente trattata. La pericardite, e ancora gli  interventi di cardiochirurgia (sostituzioni valvolari, by-pass aorto coronarico).

Esistono poi  malattie extracardiache che possono comportare fibrillazione atriale, tra queste l’ipertiroidismo o l’embolia polmonare e numerosi fattori di rischio come l’abuso di alcol, fumo, droghe o la sempre più frequente obesità.

Fibrillazione Atriale: i sintomi

La fibrillazione atriale può essere sintomatica o asintomatica. I sintomi variano con la frequenza di risposta ventricolare, con il preesistente stato funzionale del cuore, con la durata della fibrillazione atriale e con la percezione individuale del paziente. Il disturbo del ritmo può avere come prima manifestazione una complicanza embolica (vedi dopo) o l’esacerbazione di un’insufficienza cardiaca sottostante.

I sintomi principali che il paziente può lamentare sono palpitazioni, dolore toracico, affanno, affaticamento. L’aumentato rilascio di un ormone (peptide natriuretico atriale) prodotto all’interno delle camere cardiache può determinare un aumento della diuresi.

La fibrillazione atriale può portare a una particolare forma di cardiopatia responsabile di scompenso cardiaco, la cosiddetta “cardiomiopatia tachicardia-indotta”, più frequente nei pazienti che non si accorgono di essere affetti dall’ aritmia. La sincope (improvvisa perdita di conoscenza con caduta a terra) è un evento raro ma grave, che di solito indica una eccessiva diminuzione della risposta ventricolare.

Sebbene certamente l’ictus cerebri costituisca la complicanza più temibile della fibrillazione atriale, anche lo stesso disturbo del ritmo è in grado di diminuire la qualità della vita dei pazienti affetti, sia in termini di impedimento funzionale, sia come fastidiosa irregolarità del ritmo cardiaco associata a palpitazioni. Alcune persone, una minoranza, non hanno sintomi, e l’aritmia può essere un riscontro casuale durante una visita di routine o in occasione di malattie emboliche come l’ictus cerebrale o le ischemie acute degli arti inferiori.

Fibrillazione Atriale: la terapia

La fibrillazione atriale può durare pochi secondi, minuti, ore, giorni, mesi, anni fino a diventare permanente o cronica e che durerà quindi tutto il resto della vita della persona. A seconda della durata si parla di fibrillazione isolata (1 singolo breve episodio), di fibrillazione parossistica (che dura al massimo 7 giorni e passa da sola), di fibrillazione persistente (durata di oltre 1 settimana che passa grazie ai farmaci o alla cardioversione elettrica) e di fibrillazione cronica o permanente non più passibile di cura. Per far tornare il cuore al suo ritmo normale, detto sinusale, abbiamo a disposizione i farmaci antiaritmici, la “cardioversione elettrica” (ripristino del ritmo sinusale attraverso l’erogazione di una corrente elettrica) e l’ablazione.

I farmaci hanno una buona probabilità di efficacia nei casi in cui l’aritmia è insorta da pochi giorni fino a 3-6 mesi. La cardioversione elettrica è altamente efficace anche nei casi di più lunga durata, diciamo da 6-18 mesi, si effettua in anestesia generale di pochi minuti, richiede un breve ricovero di 24-36 ore. Altri farmaci che abbiamo a disposizione sono efficaci nel controllare la frequenza cardiaca in quei casi in cui non sia stato possibile  o non vi sono ragionevoli possibilità di ripristinare il ritmo sinusale.  L’ablazione consiste nella eliminazione delle vie elettriche anomale tramite applicazione di calore con cateteri che raggiungono l’interno del cuore attraverso una vena della gamba, si effettua in sale operatorie appositamente attrezzate in centri specialistici, non richiede quasi mai l’ anestesia generale, necessita di ricovero di 2-3 giorni; le possibilità di guarigione nel lungo periodo sono variabili da un 40 all’80% dei casi.

Aritmia cardiaca: i pericoli

I pericoli del convivere con l’aritmia sono prevalentemente legati alla formazione di trombi all’interno del cuore da cui possono staccarsi dei frammenti e determinare il così  detto fenomeno dell’embolia. Gli emboli possono andare ad occludere piccole e medie arterie del cervello, delle gambe, degli organi interni, determinando i quadri clinici dell’ictus cerebrale o delle ischemie degli arti. Anche il cuore ovviamente soffre della presenza della fibrillazione potendosi quindi deteriorare la sua funzione peculiare di pompa del sangue e comportare nel tempo il quadro dello scompenso cardiaco con affanno e gonfiore delle gambe. Ciò non toglie che molte persone riescano a vivere normalmente anche per anni e anni con la fibrillazione.

Terapia Anticoagulante – TAO

Proprio a causa della frequenza di eventi embolici, in particolare di ictus cerebri, in corso di fibrillazione atriale, uno dei capisaldi della terapia di questa aritmia è rappresentato dai farmaci anticoaugulanti orali. Lo scopo di questa terapia è quello di prevenire la formazione di coaguli (trombi) all’interno dell’atrio sinistro del cuore durante gli episodi di fibrillazione. L’utilizzo di una Terapia Anticoagulante Orale o TAO, che costringe il paziente a frequenti esami del sangue per regolare la dose di farmaco da assumere, è un altro fattore che ha importanti implicazioni sulla qualità della vita dei pazienti in fibrillazione atriale. Alcuni studi mostrano che di 97 pazienti solo il 61% ha preferito seguire la terapia anticoagulante proposta piuttosto che non assumere la terapia, dunque una percentuale decisamente inferiore a quella per cui il trattamento è raccomandato secondo le linee guida più recenti. In un gruppo selezionato di pazienti, la terapia anticoagulante orale può essere sostituita dalla terapia con un antiaggregante come l’aspirina. Questa scelta, comunque, andrebbe sempre riservata allo specialista e non lasciata alla volontà del paziente vista l’enorme portata del problema e le catastrofiche conseguenze che possono derivare da un evento embolico cerebrale.

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antoniosaponaro@laboratorionomentano.it'

Antonio Saponaro

Il dottor Antonio Saponaro si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Roma “Tor Vergata” e specializzazato in Cardiologia presso la seconda Facoltà di Medicina dell’Università “Sapienza” di Roma. E’ in servizio presso il reparto di cardiologia del Policlinico Militare “Celio”. Svolge la sua attività professionale presso il Poliambulatorio Specialistico Nomentano ed in altri ambulatori romani. Ha al suo attivo alcune pubblicazioni sul Giornale di Medicina Militare e su Minerva Cardiologica.