Censis: famiglie a rischio nell’affrontare la non autosufficienza
Il potenziamento dei servizi sanitari di assistenza domiciliare è prioritario per le famiglie italiane. Lo afferma il Censis nello studio “Dove sta andando il welfare? Salute, assistenza e previdenza nelle attese delle famiglie” per Assindatcolf.
A conferma di questo stato d’animo, il 45,3% considera prioritario il potenziamento dei servizi domiciliari, partendo dal presupposto che la casa sia il miglior posto dove curarsi, il 58,7% chiede l’introduzione della deducibilità del lavoro domestico ed il 49,1% dichiara di occuparsi personalmente, come caregiver, di un parente non autosufficiente, in aggiunta al ruolo della badante. L’indagine è stata realizzata presso un campione di 2.400 famiglie datrici di lavoro domestico.
Il rischio di un collasso sociale
Oggi le strutture residenziali socioassistenziali e sociosanitarie attive sono 12.576, con un’offerta di circa 414.000 posti letto (7 ogni 1.000 abitanti). La disponibilità più alta è al Nord-Est con poco più di 1.000 posti letto ogni 100.000 abitanti.
Se però oggi gli over 65 sono il 24,0% della popolazione (nel 1961 erano il 9,5%), nel 2050 si prevede che gli anziani saranno il 34,5% e i 15-64enni saranno meno del 55%. Inoltre, 6,8 milioni di pensioni sono sotto i 1.000 euro mensili.
Dunque è necessario progettare una crescita del sistema socioassistenziale.
Assistenza Domiciliare e bisogni dei caregiver
Guardando ai bisogni di assistenza in una prospettiva di lungo termine, il 58,7% delle famiglie considera prioritaria l’introduzione della deducibilità del lavoro domestico.
Per il 46,3% è, invece, necessario attivare servizi di assistenza domiciliare a supporto dei non autosufficienti.
Il 49,1% del campione dichiara di occuparsi personalmente, come caregiver, di un parente non autosufficiente, una figura non alternativa alla badante ma integrativa. Per il 42,4% l’aspetto più critico dell’assistenza è la fatica fisica e lo stress che deriva dal far fronte ai tanti bisogni della persona assistita. Molto importanti sono anche i condizionamenti della quotidianità. Quest’ultima è spesso assorbita in maniera quasi assoluta dalle cure all’assistito e comporta la rinuncia a una vita relazionale e autonoma (24,7%).
L’incertezza per il futuro
Sul piano delle prospettive future, il 40,7% delle famiglie giudica non proprio sicuro il proprio livello di risorse economiche e teme che le disponibilità in termini di reddito, patrimonio e risparmi possano non essere sufficienti nel caso di imprevisti. Completamente insicuro si dichiara, invece, il 12,5%, che sa che eventuali imprevisti potrebbero mettere la famiglia in seria difficoltà.
Nel bilancio fra fattori di protezione – welfare pubblico, coperture assicurative, altre forme di autotutela personali di cui si dispone – e fattori di rischio futuri, è proprio l’inabilità e la non autosufficienza a raccogliere il maggior grado di rilevanza (64,6%). Le malattie e la necessità di dover ricorrere a prestazioni sanitarie occupano il secondo posto nella scala del rischio (con il 51,2%). La diminuzione dei redditi e del tenore di vita negli anni della vecchiaia preoccupa prioritariamente il 35,0%. A seguire, la morte di chi è il principale portatore di reddito in famiglia rappresenta, nell’ordine, il quarto fattore di rischio più temuto, al quale si aggiunge la perdita del lavoro, la disoccupazione e la conseguente riduzione del reddito.