Ematologia

Trombofilia: tutto quel che c’è da sapere…

La trombofilia è una condizione patologica di ipercoagulabilità del sangue, con il conseguente rischio di trombosi venosa o arteriosa.

Cos’è la coagulazione ?

Fisiologicamente la coagulazione ha la funzione di riparare i danni dei vasi sanguigni per arrestare i sanguinamenti. Quando c’è una lesione vascolare, si ha in un primo momento l’adesione della piastrine alla parete vascolare stessa a formare il tappo piastrinico. Nel frattempo si attiva la cascata coagulativa, che coinvolge numerosi fattori, la cui funzione è quella di formare il reticolo di fibrina per la costituzione del vero e proprio coagulo. A questo punto il sanguinamento si arresta ed il danno vascolare è momentaneamente riparato, in attesa della rigenerazione completa del vaso sanguigno stesso.

Ma quando la cascata coagulativa si innesca non per riparare un danno vascolare, ma a causa di una situazione patologica di ipercoagulabilità, le conseguenze possono essere molto gravi a seconda delle sedi vascolari (arterie o vene) e degli organi coinvolti dal processo trombotico.

Ictus, infarto miocardico, trombosi venosa profonda e conseguente embolia polmonare sono alcuni degli eventi più gravi che possono verificarsi in una situazione di trombofilia.

Trombofilia: le cause

La più comune causa di trombofilia (ipercoagulabiltà) è rappresentata dall’ Aterosclerosi, ossia una degenerazione delle arterie caratterizzata dalla formazione di placche ateromasiche, che riducono il calibro delle arterie stesse e possono rappresentare il punto di formazione di trombi. L’aterosclerosi è molto più frequente in soggetti obesi, affetti da ipercolesterolemia o da diabete. Il fumo di sigaretta rappresenta un altro fattore di rischio di aterosclerosi.

L’aterosclerosi è in genere alla base di trombosi arteriose, le cui manifestazioni più gravi sono rappresentate dall’ ictus cerebrale e dall’ infarto miocardico. Una causa abbastanza frequente di ictus è rappresentata anche dalla fibrillazione atriale, una aritmia cardiaca a causa della quale il sangue può ristagnare all’interno delle cavità cardiache e formare trombi. Dal cuore questi trombi possono poi spostarsi, determinando l’occlusione di arterie cerebrali.

Alla base dell’embolia polmonare vi è invece un altro fenomeno, ossia la trombosi venosa profonda. Per cause svariate, come l’insufficienza venosa o l’immobilizzazione prolungata degli arti inferiori, si ha la formazione di trombi all’interno di una vena profonda degli arti inferiori, da qui il trombo si stacca, va in circolo per poi arrivare a livello dei vasi sanguigni polmonari, provocandone l’occlusione.

Malattie ematologiche e trombosi

Alcune malattie ematologiche possono essere causa o concausa di trombosi: la policitemia vera, la trombocitemia essenziale, alcune leucemie.

La policitemia è caratterizzata da un incremento dei globuli rossi; ciò provoca una aumentata viscosità del sangue e un aumento del rischio di trombosi. La trombocitemia essenziale è caratterizzata invece da aumentati livelli di piastrine, che possono più facilmente aggregarsi ed innescare la formazione di trombi. In alcune forme di leucemia con elevati livelli di globuli bianchi nel circolo ematico, la “miccia” può essere rappresentata dai globuli bianchi stessi.

Un’altra patologia che si associa spesso a manifestazioni trombotiche sia venose che arteriose ed aborti ricorrenti è la sindrome da anticorpi antifosfolipidi, una malattia autoimmune caratterizzata dalla presenza di autoanticorpi (cioè anticorpi diretti erroneamente verso proteine dell’individuo stesso che li produce), in particolare anticorpi anti cardiolipina, lupus anticoagulant, anti beta2glicoproteina1.

Alterazioni dei fattori coagulativi: i test di laboratorio

Come risulta evidente, le cause di trombofilia fin qui elencate non coinvolgono in primis i fattori della coagulazione. Ma in pazienti con storia personale o familiare di trombosi ricorrenti vanno prese in considerazione oltre alle cause fin qui elencate, anche alcune alterazioni a carico dei fattori coagulativi.

I test da eseguire sono: il dosaggio delle proteine C ed S della coagulazione e dell’ antitrombina III. Queste tre proteine sono degli anticoagulanti naturali, intervengono fisiologicamente per arrestare il processo coagulativo. La loro carenza si può pertanto associare ad ipercoagulabilità. Bassi livelli di questi fattori della coagulazione possono essere acquisiti o congeniti e si associano più frequentemente a trombosi venose piuttosto che arteriose.

Trombofilia e Mutazioni Genetiche

Un altro capitolo fondamentale delle trombofilie è poi rappresentato dalla ricerca di alcune mutazioni genetiche a carico di fattori della coagulazione o proteine coinvolte nel processo coagulativo. Le mutazioni da ricercare sono a carico del Fat­tore V (Fattore V Lei­den), del Fat­tore II della coa­gu­la­zione (pro­trom­bina) ed del gene MTHFR (Metilentetraidrofolatoreduttasi).

Fattore V Lei­den

La mutazione conferisce al fattore V una resi­stenza alla pro­teina C atti­vata (APC) nei test di labo­ra­to­rio ed una mag­giore atti­vità pro-coagulante del fat­tore V atti­vato che pre­di­spone alla trom­bosi. Tale variante mutata è defi­nita variante di Lei­den (loca­lità in cui fu sco­perta). I sog­getti portatori della mutazione possono avere un rischio aumentato fino ad 80 volte di svi­lup­pare una trom­bosi venosa se l’alterazione coinvolge entrambe le copie del gene. Tale evento trom­bo­tico è favo­rito in pre­senza di altre con­di­zioni pre­di­spo­nenti.

La pro­trom­bina o fat­tore II della coa­gu­la­zione svolge un ruolo fon­da­men­tale nella cascata coa­gu­la­tiva in quanto la sua atti­va­zione è necessaria per la for­ma­zione del coagulo. La variante gene­tica mutata è asso­ciata ad aumen­tato rischio di trom­bosi, spe­cie di tipo venosa.

MTHFR

La meti­len­te­trai­dro­fo­la­to­re­dut­tasi (MTHFR) è un enzima coin­volto nel metabolismo dell’omocisteina, un prodotto intermedio del metabolismo delle proteine. La sua mutazione produce elevati livelli sierici di omocisteina. Rare muta­zioni del gene pos­sono cau­sare la defi­cienza grave di MTHFR.

La sin­to­ma­to­lo­gia cli­nica è grave con ritardo dello svi­luppo psico-motorio e mas­sivi feno­meni trombotici. La mutazione più comune (C677T) causa una ridu­zione dell’attività enzi­ma­tica della MTHFR pari al 50%. Recen­te­mente, una seconda muta­zione del gene MTHFR (A1298C) è stata asso­ciata ad una ridotta atti­vità enzi­ma­tica (circa il 60%) ed a un aumento dei livelli ema­tici di omocisteina.

Omocisteina

Livelli aumen­tati di omo­ci­steina nel san­gue sono oggi con­si­de­rati fat­tore di rischio per malat­tia vasco­lare (trom­bosi arte­riosa). l’omocisteina in eccesso si deposita all’interno della parete di rive­sti­mento dei vasi san­gui­gni dove può dare ini­zio a una serie di eventi a catena che sfo­ciano in un inci­dente vasco­lare trombotico.

Alti livelli di omo­ci­steina dun­que sono stati cor­re­lati ad un aumento della for­ma­zione delle plac­che arte­riose o al danno della parete arte­riosa stessa. Alti livelli, ancora, pos­sono inte­ra­gire con le pia­strine e la coa­gu­la­zione del san­gue por­tando ad un aumento del rischio trombotico. Gli elevati livelli di omocisteina si possono normalizzare con una dieta ricca di acido folico (contenuto nei vegetali) e con una integrazione farmacologica di questa vitamina e di quelle del gruppo B.

Trombofilia: il ruolo dell’Ematologo

Da questa panoramica emerge come la trombofilia sia un vasto capitolo che abbraccia molte delle discipline mediche. Nei soggetti con trombosi ricorrenti sia venose che arteriose è fondamentale indagare tutti questi fattori di rischio, facendosi guidare da una accurata anamnesi. Naturalmente la presenza contemporanea di più fattori in uno stesso soggetto determina un notevole incremento del rischio trombotico.

Molto spesso l’ematologo è chiamato in causa nell’interpretare il ruolo dei vari fattori di rischio, soprattutto se vi sono alterazioni dei fattori della coagulazione o patologie ematologiche. Compito dell’ematologo poi è quello di aiutare gli altri specialisti nella scelta e nella modulazione della terapia antiaggregante o anticoagulante.

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Barbara Montante

Barbara Montante si è laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II” con il massimo dei voti e presso il medesimo ateneo ha ottenuto la Specializzazione in Ematologia. Ha successivamente conseguito il Master Universitario di II livello in Ematologia pediatrica. Ha al suo attivo pubblicazioni su riviste scientifiche italiane ed internazionali. Opera attualmente presso l’UOC Ematologia, Ematologia Pediatrica e Trapianto di Cellule Staminali dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma e presso il Centro FCSA per la Terapia Anticoagulante del Laboratorio Clinico Nomentano.

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