Cuore

Ma i nostri avi morivano d’ infarto ?

Qualche tempo fa un paziente che era stato colpito da diversi infarti mi ha chiesto se anche i nostri trisavoli morivano d’infarto. La risposta, senza inerpicarci in complessi discorsi epidemiologici, sta fondamentalmente nello stile di vita che conduciamo, nei geni che ci portiamo come patrimonio dalle passate generazioni e nelle muffe del dottor Pasteur.

Un tempo non molto lontano, circa 100 anni fa, in Europa il principale “terrore” sanitario era rappresentato da malattie come il vaiolo, la cuore infartomalaria, la tubercolosi. Facendo scorrere le lancette dell’orologio ancora più indietro, i killer più feroci erano la peste, il colera, il tifo. Poi arrivò Pasteur. Gli antibiotici hanno permesso di allungare l’età media dell’uomo di diverse decine di anni e ciò anche grazie al generale miglioramento delle condizioni di vita e di alimentazione. Almeno nei paesi industrializzati.

E’ difficile adesso stabilire se l’attuale maggiore diffusione delle malattie cardiovascolari, quali infarto ed ictus, sia legata al semplice fatto che l’uomo nel passato moriva precocemente di malattie infettive o sia dovuta ad un regime di vita erroneo. Fatto sta che secondo l’Organizzazione Mondiale di Sanità tali malattie rappresentano oggi nei paesi occidentali la prima causa di morte ed una delle prime cause di disabilità.

Infatti, se da un lato la ricerca ha trovato cure efficaci nel ridurre anche drasticamente gli effetti negativi di un evento catastrofico come l’infarto, dall’altro lato, ovvero quello della prevenzione, la strada appare ancora lunga. E questo non tanto per la mancanza di farmaci validi, quanto per il fatto che tali presidi trovano il loro utilizzo principalmente in “prevenzione secondaria”, quindi nei soggetti già malati.

Come evitare l’infarto ?

Secondo l’American Heart Association, la “legge” in materia di cardiologia, evitare l’infarto è possibile seguendo delle semplici norme igieniche.

L’alimentazione corretta rappresenta il primo indispensabile presidio nella lotta alle malattie cardiovascolari. E’ provato che il colesterolo edi grassi polisaturi, per intenderci quelli contenuti nella carne rossa, nelle uova, nelle fritture, nei formaggi stagionati, nei latticini, negli insaccati determinano, assieme ad altri fattori, la formazione della “placca ateromasica” che è la vera causa dell’infarto.

Sicuramente preferibili sono i grassi polinsaturi e gli Omega 3 ovvero sostanze che agiscono in antagonismo coni grassi polisaturi ed esplicano diverse azioni protettive: riducono il colesterolo “cattivo” (LDL), proteggono i vasi, riducono l’infiammazione. Tali nutrienti sono contenuti prevalentemente nel pesce ed in alcuni vegetali come la soia.

Allo stesso modo alcune sostanze antiossidanti, quali le vitamine, riducono il rischio di malattie vascolari. Tali sostanze sono riccamente contenute nella frutta e nei vegetali. L’effetto dell’alcool, invece, non è ancora del tutto chiaro. Si può affermare che una modesta assunzione giornaliera, 1 bicchiere a pasto, abbia effetti antiossidanti e pertanto protettivi. Chiaramente si parla di vino e non di super-alcolici. Al contrario una quantità maggiore ha indiscutibilmente effetti negativi sia diretti (aumento della glicemia, alterazioni epatiche) sia indiretti (depressione).

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Diabete e Sale pericolosi

Come noto anche il diabete costituisce una delle principali cause dell’infarto. Nel paziente diabetico, infatti, non solo vengono progressivamente meno i fattori protettivi (alterazione dell’endotelio e del circolo vascolare), ma l’elevata glicemia accelera i processi ossidativi alla base dell’estensione e rottura della placca aterosclerotica. Quindi, l’eccesso di carboidrati è un ulteriore fattore di rischio per l’infarto.

Altrettanto dannoso risulta l’eccesso di sale che è uno delle principali cause dell’ipertensione arteriosa. Questa a sua volta entra in gioco nel determinismo dell’infarto in vario modo: espone più rapidamente la placca all’azione dei fattori che ne determinano l’ulcerazione, altera il rivestimento dei vasi facilitando l’insorgenza stessa dell’aterosclerosi, facilita la formazione di trombi che occludono i vasi.

La dieta anti infarto

Sommando questi vari elementi, si deduce che una corretta alimentazione dovrebbe prevedere pochi carboidrati semplici (pasta, pane), molte fibre e vitamine (vegetali, legumi, frutta), pochissimi grassi saturi, molto pesce azzurro, niente sale aggiunto, un bicchiere di buon vino: la dieta meditteranea. Si badi però che non si parla del regime alimentare del ricco ed opulento Lucullo, ma di quella frugale e a base di prodotti freschi del “povero contadino”.

E’ anche vero che il povero contadino per mettere qualcosa nel piatto doveva trascorrere intere giornate nei campi, sudando ogni patata raccolta. E qui, difatti, verte il secondo caposaldo della prevenzione: l’attività fisica. Una passeggiata quotidiana di circa tre chilometri e mezzo in pianura a passo svelto, o l’equivalente sempre con un esercizio aerobico (nuoto, ciclismo) di almeno 30 minuti, attiva il metabolismo e riduce le resistenze vascolari così da prevenire l’ipertensione, il diabete e l’ipercolesterolemia che sono alla base delle malattie cardiovascolari.

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Abolire fumo. No a obesità e stress

E’ ovvio che l’abolizione di fattori di rischio cardiovascolare universalmente noti come il fumo, l’obesità e lo stress è necessaria per abbattere il rischio di infarto. Ed altrettanto chiaramente la diagnosi precoce e la possibilità di utilizzare farmaci idonei contribuiscono fortemente alla riduzione della mortalità, tanto che le malattie cardiovascolari sono diventate un rilevante problema sanitario nei paesi emergenti. Ma di questo si parlerà estesamente in un’altra occasione.

In conclusione, si potrà obbiettare che la vita dura e semplice del contadino sia monotona, tuttavia non si può negare che probabilmente proprio in questa essenzialità risieda l’elisir di lunga vita.

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Francesco Ruggiero

ll Dott. Francesco Ruggiero si laurea con lode in Medicina e Chirurgia presso la Seconda Università di Napoli nel 1996. Nel 1997 consegue la specializzazione in Cardiologia presso l’Università di Tor Vergata. Dal 1999 è Ufficiale Medico dell’Esercito ed attualmente in servizio presso l’Unità di Terapia Intensiva Coronarica del Policlinico Militare “Celio” di Roma. Svolge inoltre la sua attività professionale presso diversi poliambulatori e case di cura romani. Dal 1996 è iscritto all’Ordine Nazionale dei Giornalisti Pubblicisti.